L’accusa letteralmente senza precedenti contro Donald Trump segna un momento assolutamente pericoloso e politicamente teso per gli Stati Uniti e serve a ricordare il livello senza precedenti di criminalità e cospirazione che ha circondato le elezioni del 2016.
È facile guardare indietro alle elezioni del 2016 come se il loro esito fosse inevitabile: Hillary Clinton era una candidata troppo debole, una i cui anni di discorsi costosi le avevano fatto perdere i contatti con gli elettori della classe operaia del Wisconsin e della Pennsylvania; che “ma le sue e-mail” e l’ingerenza ripetuta, inappropriata e fuorviante di Jim Comey nelle elezioni hanno cambiato le sorti. Ma la nuova incriminazione di Trump è un importante correttivo storico, un momento che chiarisce come gli Stati Uniti, come paese, debbano fare i conti con il fatto che la vittoria a sorpresa di Trump è stata aiutata non da una ma da due distinte cospirazioni criminali.
Nella spinta finale della gara del 2016, in un’elezione che si è ridotta a vittorie incredibilmente limitate in soli tre stati – 10.704 elettori nel Michigan, 46.765 in Pennsylvania e 22.177 nel Wisconsin – e dove Trump ha perso il voto popolare complessivo di circa 3 milioni di voti, è stato aiutato da una massiccia e ampia operazione ufficiale del governo russo. Questo sforzo è stato in parte finanziato dall’oligarca Yevgeny Prigozhin, che ora è dietro il brutale combattimento del suo esercito mercenario del Wagner Group in Ucraina, che ha preso di mira le società e gli attivisti dei social media statunitensi sul campo. Secondo l’esauriente rapporto del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, nel secondo braccio dell’operazione russa, il servizio di intelligence militare GRU ha hackerato alti funzionari democratici, ha fatto trapelare le loro e-mail e ha spostato la narrativa nazionale su Clinton e altri democratici. (Per non parlare del fatto che questo ha dato origine alla teoria del complotto di Pizzagate e, probabilmente, a QAnon.)
Poi c’è stata la cospirazione criminale separata che è stata oggetto della nuova accusa di oggi a New York: il complotto nelle ultime settimane delle elezioni del 2016 da parte della campagna di Trump, il faccendiere della famiglia Trump Michael Cohen e il National Enquirer per pagare soldi segreti per seppellire storie di due degli affari del candidato, incluso quello famigerato con la porno star Stormy Daniels.
Anche se può sembrare che la notizia di una relazione del genere sarebbe finita per essere un disastro nelle ultime settimane della campagna, vale la pena ricordare il contesto specifico che Cohen e l’orbita di Trump hanno affrontato in quelle ore finali della campagna. Stavano eseguendo un atto di bilanciamento teso e tagliente per mantenere il sostegno di conservatori ed evangelici sulla scia del devastante nastro di Access Hollywood, un momento in cui il candidato alla vicepresidenza Mike Pence ha preso seriamente in considerazione l’idea di gettare la spugna lui stesso. Il seguito di storie più non amichevoli ai valori della famiglia potrebbe aver dato inizio a una spirale irrecuperabile. (Vale anche la pena ricordare l’interazione ancora sospetta di questi due fili: come, in un solo venerdì di ottobre 2016, i leader dell’intelligence statunitense hanno annunciato pubblicamente per la prima volta che la Russia era dietro l’ingerenza elettorale, il Washington Post ha scoperto l’esistenza del nastro osceno di Access Hollywood. E poi, ore dopo, Wikileaks ha iniziato a scaricare una nuova serie di e-mail rubate dal presidente della campagna elettorale di Clinton, John Podesta.)
Il nuovo procedimento penale relativo a quella seconda cospirazione di Stormy Daniels, promosso dal procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg, è anche un promemoria dello storico errore del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di non portare avanti le proprie accuse contro Trump nella stessa questione. Questa è stata un’abdicazione di responsabilità sbalorditiva dato che il Dipartimento di Giustizia – nel bel mezzo della presidenza di Donald Trump, nientemeno! – ha perseguito Cohen per la stessa cospirazione, nominando Trump nelle accuse contro Cohen come “Individuale 1” e, secondo a un nuovo libro di Elie Honig, delineato in una bozza d’accusa la direzione personale e il coinvolgimento di Trump nel caso.